Porto Azzurro

“Dopo 120 anni le suore salutano Porto Azzurro”

di Fabrizio Grazioso

“Quando il 1 maggio del 1905 il vapore giunse nella rada di Portolongone, sulla banchina c’era schierato (in abito domenicale) tutto il paese. Con don Eugenio Perez in prima fila e le benemerite del Comitato in seconda, s’aspettava che il “continente” regalasse a queste case, finalmente, le sue “Figlie della Carità”. Suor Maria, suor Vincenza e suor Antonietta s’affacciarono con quel lungo abito blu, la ‘cornetta’ inamidata e valigie di cartone… piene di libri. Di carta gialla, abbecedari e vangelo. E certo non avrebbero mai immaginato che la loro presenza là, su quello scoglio, sarebbe durata così tanto. O magari lo speravano, con quei desideri che manco si raccontano per la paura che non si avverino. Furono convocate per gestire l’ “asilo infantile” e la scuola di ricamo laddove l’alfabetizzazione stava a zero e la cultura religiosa a un ‘pater, ave, gloria’ biascicati a stento.

Si sistemarono in una casa sul lungomare Vitaliani, all’ultimo piano: fu là che iniziarono ad accogliere i primi bambini e le ragazze del cucito, a toglierli dalla miseria, a parlar loro di Dio. A ottobre gli iscritti eran già novanta: un successo. Ma la fatiscenza e l’angustia dei locali portarono alla chiusura dell’attività. Si corse ai rimedi: paese e parrocchia si misero le mani in tasca (tasche povere, estremamente) per dare alle suore un alloggio più sicuro, una scuola più efficiente. A quel palazzo ci lavorarono tutti: i pescatori dopo il mare, i contadini al tramonto. Senza contare le offerte e i lasciti per accelerarne la realizzazione, come le 12.000 £ della Marchesa Alfieri. Nell’ottobre del 1910 il nuovo Istituto in via Cerboni (che ancora non si chiamava così perché il Ragioniere sarebbe morto sette anni dopo) aprì i battenti; e alle opere già avviate si aggiunse la scuola elementare. E per dare a tutti quel minimo d’istruzione necessaria le donne si sottoponevano a doppi, tripli turni, refezione compresa. Nel 1935 il direttore dell’Assider sovvenzionò inoltre la costruzione di un asilo a sé stante, attiguo alla palazzina: da subito lo ribattezzarono “Teatrino” perché munito già di un palcoscenico da usare, sfruttare in ogni evenienza. Così fu, perlomeno fino al 1968, quando le suore trasferirono la “scuola materna” in una villa lasciata loro in eredità dal cav. Rebua prima del suo “volo” verso l’infinito.

Le elementari andarono avanti fino al 1976, l’ “Infanzia”, su al Poggetto, fino al 2022. Sarebbe inutile, forse velleitario racchiudere tutti questi anni in poche righe. Tante, centinaia di storie che si intrecciano l’una con l’altra, che hanno reso più compatto il nostro tessuto sociale. Che si affacciano silenziose allo scaffale dei ricordi, in vecchie fotografie sbiadite dal tempo, tra schiere di grembiuli bianchi e neri ingentiliti da un bel fiocco al collo. Ricordi anche più recenti, di ieri. A colori.

Questa fiaba no, non si dimentica: si porta dietro la tragedia di suor Margherita, che muore a poco più di trent’anni di tbc (contratta per assistere i suoi alunni che ne erano malati); di cinque suore, sfollate a Monserrato, a servizio nell’ospedale militare del Forte; di catechismo, dettatati e poesie a memoria. E anche d’orecchie d’asino e bacchettate. Di recite, sorrisi e momenti tristi. Di parole giuste al momento giusto.

Beh… non è facile far parte di questa comunità. Non siamo “semplici” per nulla. Il terreno è “sassoso”, ma se non lo fosse – direbbe qualcuno – dove sarebbe la “missione”? Queste donne, per 120 anni, ci sono riuscite. Il paese lo hanno vissuto a pieno. E magari ancora avrebbero potuto, avrebbero dovuto. Tutte le storie, però, finiscono. Tutti i libri hanno un’ultima pagina. Ma esistono anche le “seconde stagioni”, la seconda parte. E io in quella seconda parte – e nella lungimiranza della sua “madre-autrice” – voglio ancora crederci”.

Fabrizio Grazioso

2 risposte a ““Dopo 120 anni le suore salutano Porto Azzurro”

  1. Maria Grazia Boschi Rispondi

    Articolo molto bello!complimenti!racconta una scheggia di storia dell’isola d’Elba che,però ,può valere per l’Italia intera..hai scritto una ricostruzione di ambienti e situazioni con grande cura,profondamente partecipe..bravo!!grazie per avermelo inviato. Ti abbraccio😘

    17 Giugno 2025 alle 14:44

  2. Maria Grazia Boschi Rispondi

    Bello questo articolo. Scritto con grandi capacità espressive e con amore. Racconta una scheggia della storia dell’Elba ma anche dell’Italia intera. Bravo Fabrizio👏👏👏

    17 Giugno 2025 alle 14:33

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