Il calcio in Arabia: il rispetto non si compra con i soldi

di Giovanni Fratini

La Supercoppa di calcio che, nei giorni scorsi, ha visto competere 4 squadre  di serie A ( Napoli, Inter, Lazio e Fiorentina) è stata  giocata a Riad in Arabia Saudita, come lo scorso anno. Da qualche tempo il calcio italiano è molto attratto dal Paradiso terrestre arabo. Non solo giocatori o allenatori, ma anche  la Lega calcio  e  Società calcistiche.

Il Presidente della Lega ha lanciato l’idea di giocare in Arabia una giornata del campionato di serie  A 2024/2025. E l’Amministratore delegato, Luigi  de Siervo, ha promesso che nel corso di quest’anno “il nostro campionato aprirà una sede a Riad”. Il rapporto di amicizia con i Governanti arabi va sostenuto e rafforzato . Non avevamo avuto la possibilità  di  partecipare all’ultimo campionato del mondo in Qatar e quindi è necessario recuperare il terreno perduto.

Lo svolgimento delle partite della Supercoppa a Riad ha consentito alla Lega e alle squadre partecipanti di ricevere e spartirsi un lauto compenso di 23 milioni di euro.  Nessuno ha avuto il coraggio di reagire di fronte ai fischi del pubblico saudita, nella partita finale, durante il minuto di silenzio osservato per la scomparsa  di un nostro grande campione come Gigi Riva. La  Lega si è subito preoccupata di farci sapere che “il silenzio in ricordo dei morti gli arabi lo vivono con fastidio e per questo motivo ci sono stati i fischi”. Inaccettabile, penoso tentativo di  giustificazione. Dovevano rispettare il nostro silenzio! Sarebbe stato un grande gesto da parte nostra “alzare i tacchetti” ed abbandonare il campo. Non l’abbiamo fatto. C’era da incassare  i 23 milioni! E ringraziare sentitamente il Monarca saudita.

Altre discipline sportive hanno da tempo “virato” sui Paesi arabi. Basti pensare alle gare di Formula 1 o ai Gran premi di moto, ai Mondiali di ciclismo del 2016 e di Atletica del 2019.

Pierre De Coubertin, l’inventore delle Olimpiadi, considerava gli eventi sportivi  efficaci strumenti di difesa dei diritti umani. Le grandi manifestazioni sportive sono state spesso l’occasione per una pacifica denuncia di tutte le ingiustizie. Da qualche tempo, invece, la difesa dei diritti umani e la denuncia delle  ingiustizie sono state oscurate dallo strapotere del Dio denaro.

Nel Qatar, dove nel 2022 si sono svolti i Campionati mondiali di calcio, per la costruzione degli impianti sportivi, di un aeroporto, di una metropolitana e di una consistente rete di alberghi sono stati sfruttati come schiavi lavoratori provenienti dall’India, Pakistan, Nepal, Bangladesh e Sri Lanka. Si è saputo da autorevoli fonti che molti di loro sono morti o hanno subito gravi infortuni per le incivili, disumane condizioni di lavoro che le Autorità locali hanno ignorato.

In Arabia saudita le libertà previste dalla Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo non esistono. E’ ancora in vigore la pena di morte che spesso viene applicata anche senza un regolare processo. Organizzazioni internazionali come Amnesty International e Human Rights Watch hanno  denunciato più volte l’oppressione delle minoranze religiose e politiche, la pratica della tortura, atteggiamenti discriminatori nei confronti delle donne e degli omosessuali.

Si può far finta di niente di fronte a tutto questo e  pensare di poter intrattenere   rapporti di “amicizia calcistica”? Si può, certo. Basta non provare alcuna vergogna nell’accettare le più che generose “paghe” degli Emiri. E così si è già stabilito che, sempre a Riad, si terranno le edizioni della Supercoppa  di quest’anno, del 2025, 2028 e 2029.

Giovanni Fratini

Una risposta a “Il calcio in Arabia: il rispetto non si compra con i soldi

  1. Marcello Camici Rispondi

    È ormai da decenni che il denaro la fa da grande nel mondo del calcio
    Perché scaldarsi tanto!
    Che dire dell’annuale mercato del calcio ?Così gli addetti ai lavori chiamano la compravendita dei calciatori.
    Che dire degli “emolumenti” dei calciatori?
    Tutto legittimo e tutto bene

    30 Gennaio 2024 alle 8:20

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