“La Cabina dell’Elba – come ha  ricordato proprio ieri  il sito specializzato www.domusweb.it –  era e resta un esito esemplare del metodo progettuale di Aldo Rossi e della sua volontà di trasferire tipi architettonici all’interno delle pareti domestiche. In piena coerenza con la visione di uno spazio interno costruito in sintonia con lo spazio esterno, e di un design realizzato con il linguaggio dell’architettura e della città, Rossi prende il tipo delle cabine notate fin da quando era bambino sulle spiagge dell’isola d’Elba e le trasforma in armadio domestico, conservandone tutti i tratti connotativi più caratteristici (il timpano, il decoro a strisce verticali bianche e azzurre o rosse, la forma semplice a parallelepipedo).

Anche in questo caso, come avrebbe fatto in seguito anche per le caffettiere, La conica (1984) e La cupola (1990), Rossi lavora per associazioni analogiche su forme primarie e geometriche pure, inseguendo il sogno di un paesaggio domestico costruito e progettato, appunto, come analogo dello spazio urbano, e attuando percorsi creativi basati su arditi salti di scala e su intermittenze della memoria”.

“Mi sembravano una dimensione minima del vivere, un’impressione dell’estate”: nella sua Autobiografia scientifica Rossi le definisce così, le Cabine dell’Elba. Piccole case. Archetipi architettonici. Costruzioni minime ma capaci di sintetizzare il senso dell’architettura. “Le cabine – scrive ancora Rossi – possiedono rigidamente quattro pareti e un timpano; vi è nel timpano qualcosa che non è soltanto funzionale, come allo stesso modo esso presuppone una bandiera e presuppone il colore. Il colore a strisce è una parte integrante, riconoscibile, forse la parte più dichiaratamente architettonica”.

“C’è qualcosa di ‘teatrale’, in tutto ciò. Un’idea di casa che si fa teatro, che prende da fuori le proprie scenografie e che introietta dentro lo spazio dell’abitare le forme che disegnano il paesaggio della vita. Perché le forme individuate nelle cabine dell’Elba Rossi le ritrova in tante altre costruzioni analoghe, in migliaia di cabine montate sulle spiagge del Mediterraneo, ma anche in California o in Argentina.

Quelle cabine, insomma, gli sembrano avere un carattere particolare e universale. Rossi le osserva fino a impossessarsi della loro immagine e – attraverso l’immagine – della cosa. Poi le riprogetta e le colloca nelle case. Così facendo rende stabile e duratura la natura temporanea della cabina, legata alla stagione balneare. Baluginano ricordi d’infanzia e profumi di tempo perduto, in questo rivisitare progettualmente un archetipo che Rossi ritrova analogo in ogni parte del mondo. La Cabina è la sua Recherche. Ma anche il suo modo di introiettare il mondo e il tempo dentro lo spazio domestico dell’intérieur.”

Per chi rilegge oggi queste idee, il fascino di percepire le idee di un grande architetto, ma per chi lo fa in chiave elbana in particolare un salto nel passato dei ricordi di una stagione della nostra vita che oggi non esiste più ma che è estremamente piacevole da rileggere.