Riceviamo e pubblichiamo integralmente:
In risposta a quanto scrive il Prof. Camici, l’Elba deve sapere che il reparto cardiologico rappresenta per tutta l’Isola una concreta possibilità, definibile nei suoi costi, nei suoi passaggi operativi e nelle condizioni di gratuita fattibilità.
Nel mio articolo dedicato all’impiego dei fondi europei e alle caratteristiche del sistema amministrativo nazionale, ho scelto di citare proprio il caso del reparto cardiologico all’ Isola d’ Elba perché rappresenta, oggi, una delle più evidenti e paradossali opportunità mancate. Un progetto perfettamente realizzabile, e tuttavia lasciato in sospeso per quella particolare prudenza amministrativa che in Italia spesso separa chi sceglie di agire da chi preferisce non assumersi alcuna responsabilità. Si tratta di quell’ eccesso di prudenza, che si trasforma nella indolenza, tipica del sistema amministrativo pubblico.
I fondi della Unione europea – Eppure i presupposti tecnici ed economici sono tutti presenti e coincidono con ciò che serve per un reparto cardiologico completo di spazi adeguati, apparecchiature diagnostiche, sala operatoria, sala degenza, personale qualificato, (la cui remunerazione iniziale può essere coperta dagli stessi fondi europei). I fondi pubblici sono già stanziati dalla UE e pienamente utilizzabili a fronte di un completo progetto operativo. Non siamo di fronte a un caso da inventare. Siamo davanti a un percorso già tracciato, che chiede soltanto di essere completato. La struttura edilizia necessaria, infatti, esiste già all’interno dell’ospedale di Portoferraio, e può essere adattata con interventi minimi agli standard richiesti per un reparto cardiologico competo. Questo rende possibile un’attivazione rapida, più centrata sull’allestimento che sulla costruzione, con tempi sufficientemente ridotti.
Un progetto operativo – Sul piano finanziario il quadro è ancora più chiaro: tutti i canali disponibili sono a fondo perduto, cioè senza restituzione e senza interessi. Parliamo di fondi nazionali e internazionali dedicati al potenziamento sanitario e in particolare, delle risorse europee riservate ai territori insulari e periferici. Sono fondi gratuiti per il Comune di Portoferraio, accessibili tramite una procedura tecnica-amministrativa motivata. In termini concreti, questo significa che il reparto di cardiologia può essere costruito senza alcuna spesa diretta a carico del Comune: l’unico impegno richiesto è sostanzialmente quello di inoltrare, nei modi e nei tempi richiesti, un progetto standard, ossia, ripetitivo a quello di molti ospedali e le relative richieste di finanziamento. Come ricordato nel mio articolo a cui fa riferimento il Professor Camici, il ciclo di finanziamento europeo è triennale: dall’assegnazione dei fondi decorrono tre anni entro i quali l’opera deve essere completata e comunque, non oltre la fine del 2027. Se si supera quella soglia senza aver realizzato ciò che il progetto prevede, tutto si blocca e i fondi dovranno essere restituiti. È una regola chiara: non premia l’inerzia, premia chi opera.
Un territorio che prende cura di sé – Siamo dunque di fronte a una constatazione, non a un auspicio: i presupposti ci sono, la fattibilità è reale, i tempi sono compatibili con una realizzazione rapida e ordinata. Ciò che non dovrà mancare è la forza della volontà collettiva di procedere con quella naturale collaborazione tra istituzioni e cittadini che la comunità elbana in questo caso dovrà esprimere. Il reparto cardiologico a Portoferraio non è un privilegio da conquistare: è una necessità civile, un atto di responsabilità verso la comunità. È il segno di un territorio che sceglie finalmente di prendersi cura di sé. Oggi l’Elba, si trova davanti a un bivio che però, non ammette ambiguità: o si sceglie di cogliere un’opportunità perfettamente alla portata, oppure la si lascia scivolare via, condannando l’Isola a rimanere priva di un presidio che altrove sarebbe considerato irrinunciabile.


