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Anche quest’anno si rinnova il rito del “Maggio Sampierese”

Un inno che intreccia la poesia della primavera alla musica, unendo passato e presente

Anche quest’anno, nella notte tra il 30 aprile e il 1° maggio, il borgo di San Piero si è trasformato nel palcoscenico di un rito secolare: il “Maggio Sampierese”. Un gruppo di cantori, eredi di un’antica tradizione medievale, ha dato voce al risveglio della natura e dei sentimenti, intrecciando poesia e musica in un inno coinvolgente.

Le origini medievali

Le radici di questo rito affondano nel Medioevo, quando le comunità rurali salutavano la fine dell’inverno e accoglievano il mese di maggio con canti e offerte floreali. Con il passare dei secoli, il Maggio Sampierese ha conservato intatto il suo fascino, diventando simbolo di speranza, rinascita e continuità culturale.

I canti sotto le finestre

Armati di voci possenti, i cantori percorrono le stradine del paese, fermandosi sotto le finestre delle fanciulle da maritare. I versi, composti in elegante ottonario e articolati in 24 quartine, celebrano la fine dell’inverno e l’arrivo della primavera:

“Già la tarda sua carriera
Terminò l’inverno algente
E di Febo il raggio ardente
Sciolse i ghiacci e il gel fugò”

Questi versi raccontano il trionfo del calore e della luce, dipingendo un paesaggio in cui i fiori sbocciano e i cuori si aprono all’amore.

Le fanciulle e il Corollo

Le protagoniste indiscusse del Maggio Sampierese sono le giovani donne, celebrate come fiori di rara bellezza. La mattina del 4 maggio, i cantori tornano a casa loro per ricevere il “corollo”: una ciambella dolce con un foro centrale, donata in segno di riconoscenza.

“Siete voi quel bianco giglio
Gelsomino e malva rosa
Siete voi l’amata sposa
Che lo fece innamorar”

Il corollo, infilato su un bastone e ornato da nastri colorati, simboleggia l’affetto e l’augurio di prosperità per la ragazza che lo ha donato.

Una tradizione viva

Oggi, grazie all’impegno di appassionati custodi, il Maggio Sampierese continua a essere celebrato con entusiasmo. Questo canto antico parla ancora ai giovani, evocando bellezza, memoria e legame con le radici. Con la sua poesia e i suoi gesti simbolici, ci ricorda che ogni primavera è un’occasione per rinascere e riconnettersi con la natura e con gli altri.

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