Riceviamo e pubblichiamo una toccante lettera di Chiara Piras, abitante di Via del Carburo, dove racconta le sue sensazioni della notte del 20 agosto, trascorsa guardando il nubifragio dalla finestra della propria abitazione con la paura di quello che avrebbe potuto succedere. Una lettera che responsabilizza molta gente, da chi oggi governa la città a chi l’ha governata da trent’anni a questa parte. Senza altri commenti.
Alle Autorità competenti, ai cittadini di Portoferraio
La sera del 21 agosto, alle 23:07, ho ricevuto la prima di una serie di telefonate con Andrea Di Brizzi, che in quelle ore, sotto una pioggia incessante, pattugliava le nostre strade a bordo della sua auto.
Le domande erano semplici, ma rivelatrici della gravità della situazione:
“Quanto è alta l’acqua? I tombini ricevono? Ci sono macchine ferme in strada?”
Mentre lui perlustrava via del Carburo, io passavo le ore affacciata alla finestra, osservando ogni goccia cadere con la stessa paura che accompagna ogni temporale dal 13 febbraio scorso.
Ma come faccio a raccontarvi le ore passate alla finestra a fissare ogni goccia che cadeva? Come spiegarvi i brividi lungo la schiena ad ogni tuono, le applicazioni meteo che mai coincidono, le ore di sonno sacrificate perché ogni goccia di pioggia pesa come un pugno nello stomaco?
Come raccontarvi l’amarezza di non poter chiudere la porta del bagno, o quella della camera, appena ricomprate, già gonfiate di nuovo dall’acqua? È banale, forse. Ma fa male soltanto se quella casa è la tua.
Eppure, ieri sera qualcuno ha capito senza bisogno di spiegazioni.
Alla mia chiamata carica di panico — “Andrea, l’acqua sta salendo, apriamo il tombino grande!” — lui era già lì.
Sotto la pioggia battente, con l’auto posizionata in modo da proteggere chi passava, a svuotare la strada, a ridarci un po’ di sicurezza.
Ad Andrea non ho dovuto spiegare niente: ha capito. A lui va il mio ringraziamento pubblico. Se non ci fosse stato, un’altra notte d’inferno si sarebbe abbattuta su di noi.
Ringrazio anche la Cosimo de’ Medici che, stamattina, ha ripulito la via e le erbacce lasciate crescere per mesi, aggravando una situazione già fragile.
Ieri mi hanno chiesto, durante un’intervista: “Che cosa chiedi?” Ho risposto con ironia: “Tornare indietro nel tempo e comprare casa altrove.”
Ma la verità è un’altra: chiedo presenza.
Chiedo che si smetta di ripetere frasi vuote, che da mesi sentiamo senza tregua: “Non succederà più.”
Perché è successo di nuovo. E succederà ancora, se non si deciderà finalmente di esserci davvero.
Chiedo di mettere in sicurezza la città di Portoferraio.
Chiedo di liberarci, almeno in parte, da quest’angoscia che ci divora ad ogni pioggia.
Le porte posso ricomprarle. Di nuovo. Ma non posso liberarmi della paura di vivere in un luogo insicuro, se chi dovrebbe proteggerci non lo fa con serietà e responsabilità.
Noi cittadini vogliamo e abbiamo diritto a sentirci al sicuro nelle nostre case.
A me questo diritto non è più concesso.
Ai miei vicini, e a chiunque viva nelle zone più a rischio della città, non è più concesso.
Scegliete di esserci davvero. Per favore.


